L’incurabile malattia dell’Inter
Ultimo aggiornamento: June 22, 2017 di Enzo Calabresi
Sono passati più di sette anni da quel fatidico 22 maggio 2010 quando a Madrid l’Inter di José Mourinho riuscì a battere il Bayern Monaco nella finale di Champions League. Il 2-0 suggellato dalla doppietta di Diego Milito è rimasto e rimarrà per sempre un ricordo indelebile nel cuore dei tifosi nerazzurri. Da quel giorno però tanto è cambiato e di sicuro non in meglio. Si è passati dall’avere di fronte un club in grado di vincere tutto quello che c’era da vincere ad una compagine che non riesce nemmeno a qualificarsi per l’Europa League.
Nel frattempo, lo storico presidente Moratti ha lasciato la poltrona al magnate indonesiano Eric Tohir, che poco dopo ha messo in mano le chiavi della società al potente gruppo commerciale cinese Suning. A livello di organico si sono alternate decine e decine di calciatori. Una roulette ancora più nevrotica, quella dei commissari tecnici che si sono avvicendati su una delle panchine più difficili del panorama mondiale. Tutti hanno più o meno miseramente fallito. Il che è tutto dire.
Quale sia la malattia che ha afflitto l’Inter negli anni post triplete è un mistero che tutti gli addetti ai lavori cercano di risolvere. Senza successo.
La stagione che si è appena conclusa è stata addirittura tragicomica. Già a partire dai primi giorni di ritiro l’aria che si respirava attorno all’ambiente Inter era tutt’altro che leggera. Sin da subito si è capito che Mancini e la società erano in disaccordo, ma il divorzio è avvenuto solo a pochi giorni dall’inizio del campionato, con inevitabili conseguenze sulla preparazione. Come se non bastasse la scelta del nuovo coach è caduta su Frank De Boer, che mai aveva allenato fuori dai confini olandesi e che non parlava una parola di italiano. Il mister, dopo sole 11 panchine è stato sollevato dal suo incarico con il misero bottino di 4 vittorie, 2 pareggi e 5 sconfitte.
Al suo posto, dopo la breve parentesi dell’allenatore della primavera Stefano Vecchi, è stato assoldato Stefano Pioli allo scopo di “normalizzare” l’emergenza e traghettare la compagine nerazzurra verso una futura ricostruzione. L’impatto è stato positivo e tutto sembrava essersi messo nuovamente a girare per il verso giusto. Con un filotto di 7 successi consecutivi i tifosi erano tornati a vedere la luce. L’Inter era addirittura riuscita a scalare la classifica fino al quarto posto portandosi a ridosso della zona Champions League, ma con i nerazzurri l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Ed ecco il crollo, improvviso, inspiegabile. Un totale di soli 2 punti in 7 incontri e anche Pioli è stato messo alla porta. Un film già visto che ha portato in panchina per le ultime 3 partite nuovamente Vecchi.
A coronamento di una tale disastrosa stagione, le polemiche derivate dalle frasi infelici contro i tifosi scritte da Icardi nella sua biografia e le accuse di Ausilio verso i giocatori, colpevoli a suo parere di fare poco gruppo. I giornali si sono poi divertiti ad aggiungere ulteriore pressione innescando un chiacchiericcio mediatico relativo al futuro toto-panchina nerazzurro e indicando arbitrariamente Conte e Simeone come i più probabili candidati. Insomma, è una malattia con più sfaccettature quella che affligge l’Inter. Chissà se l’arrivo annunciato di Sabatini in dirigenza e quello del tutto probabile di Spalletti in panchina possano rappresentare la definitiva terapia. Se così non fosse, l’unica alternativa ancora possibile sarebbe quella di chiamare il Dr. House.